giovedì 30 ottobre 2014
La formula dell'acqua
“Se avessimo alzato le vele e fossimo andate anche noi per mare chi sarebbe restato a dondolare la culla chi ti avrebbe aspettato. Chi mai avrebbe acceso il fuoco e preparato da mangiare o solo catturato e spazzato via tutti gli incubi. Chi mai lo avrebbe fatto? Caro Odisseo. Dimmi, chi mai si sarebbe preso cura delle cose se anche noi donne fossimo andate via? Tua Penelope”
Ho voluto parafrasare le ultime tre quartine della Lettera da un paese lontano di Gillian Clarke per agevolare “l’immersione” in questa Odissea in miniatura di soli 407 versi ( contro i dodicimilacentodieci del poema omerico). Ci immergiamo-è proprio il caso di dire-perchè tra le Ricette per l’acqua [1] (raffinato volumetto per i tipi de Il Ponte del Sale, nelle fedele traduzione di Giorgia Sensi) questa Lettera mi appare il bacino di raccolta della fonte, della sorgente miracolosa ed inesauribile da cui la Bardo gallese attinge.
Prima di tutto è utile ribadire il fatto che esiste una corrispondenza unica tra acqua e poesia, tra i loro rispettivi stati fisici, vapore, liquido e ghiaccio: si, anche la poesia può assumere fisicità sotto i differenti stati della materia di cui è composta (parole-molecole più o meno legate tra loro). Inoltre, come l’acqua, anche la poesia ha una sua ciclicità un suo ritmo, legati evidentemente alla memoria [2]; ma questa di Gillian Clarke è una memoria del...futuro.
Cari mariti, padri, antenati,
questa è la mia apologia,
la mia lettera a casa dal futuro,
la mia bottiglia nel mare che potrebbe
metterci una generazione ad arrivare.
Odisseo impiega 10 anni per tornare a Itaca. Questa lettera è già arrivata prima di partire perché non è una profezia che si autoavvera (come quella fatta a Odisseo da Tiresia o a Macbeth da Ecate) ma una verità che si è fatta profezia: gli Uomini, e tra questi sempre più donne, da sempre hanno assediato città, dispiegato flotte, soldati ed armi, hanno occupato luoghi di potere ( a cominciare dai loro cuori); le Donne, e tra queste, pochi uomini, si sono “accontentate” di preservare o mettere ordine laddove tutto è messo a ferro e fuoco.
Se l’Odissea è un poema epico che racconta di Nessuno, Lettera da un paese lontano è un poemetto altrettanto epico, una Odissea di genere, dove Nessuno diventa Tutte le Donne. La Lettera, a differenza dell’Odissea, è “...breve come la formula dell’acqua e del sale” [3] e per questo così tanto penetrante, ravvivante e di un gusto semplice e raffinato.
Il segreto dell’acqua -e della poesia quindi- è la sua ...semplicità: le molecole
di acqua sono dipolari, cioè divise in una parte positiva e in una negativa, consentendo così di attrarsi reciprocamente. Questa attrazione, particolarmente intensa, spiega molte proprietà dell’acqua e, in metafora, della poesia. E’ per questa semplicità che
la casa [...] dolce come un favo
fa sentire il profumo del miele e richiama allo spirito dello sciame a quel calore che si può trovare in una di quelle vecchie case di pietra e legno come si vedono a Bryn Isaf, nel Galles, o così frequentemente, nelle campagne d’Europa.
E’ per la presenza di questo legame semplice nella molecola dell’acqua che si possono spiegare i valori alti del punto di fusione e di ebollizione: il ghiaccio deve fondersi lentamente e nella giusta quantità così come il mare o il fiume non possono scappare, velocemente e in modo disordinato, in aria per poi riprecipitare con violenza a terra.
E Gillian infatti ci ricorda quale è il ciclo naturale delle cose:
Il canto si perde in linfe e infiltrazioni,
amplificato da alberi cavi,
coppe di foglie e vento tra i rami.
Tutte le vecchie conversazioni
.... serbate
per sempre come voci in un pozzo.
L’acqua presente sul nostro pianeta è sempre la stessa da milioni di anni. Quando la terra ha cominciato ad avere un’atmosfera stabile e prolifica per la vita , l’acqua è stata il primo elemento ad ospitarla : così come la vita è ospitata nelle parole di Gillian. Tecnicamente l’acqua non può esaurirsi ma può essere messa... a ferro e fuoco da un dio irrequieto, invidioso, arrogante che ha facoltà di cambiarne il ciclo o di perderne, irrimediabilmente, il controllo.
Odisseo, l’uomo solo, è in balia di questo ciclo dell’acqua: viene sbattuto ripetutamente sulle coste, quasi completamente annientato dall’impazzimento di un ciclo diventato innaturale e inspiegabile. Perché la guerra. Perché Eolo. Perché Poseidone.
C’è sempre una ragione ben presente all’epica dell’uomo. Come c’è un motivo ben presente ad ogni sua impresa : la futura memoria, la vanità, la gloria.
Per le Donne, invece?
Nella Piccola Odissea della Clarke, le Donne sono le creatrici di questo ciclo perché loro sono avvinte alla luna, alle maree e alle stagioni. Lo sono attraverso un ritmo naturale che è misura intrinseca della memoria passata e di quella futura,”...di una catena temporale di sforzi coordinati necessari a porre ordine...” [4]
E’ sempre stata una questione
di liste. Non facciamo che contare,
noi, piegare, misurare, fare,
amorevolmente lavare stoffa
dacché siamo donne.
Le onde di un bianco candido, vengono
meticolosamente piegate. Poi sono fatte rotolare
e devono essere ripiegate.
In questa Piccola Odissea dove le giornate sono preservate tutte intere in bottiglia non c’è spazio per domande maschili (Dove sono...le vostre grandi opere?) perché la donna è intrisa d’acqua e il suo tempo è regolato sull’orologio del campanile marino... [e] ...la luna ne decide il suo equinozio.
In questa Odissea femminile dove non c’è Nessuno a combattere e a dibattersi per la sua gloria futura, Gillian Clarke glorifica il futuro di tutti perché se le imprese degli uomini nascono espressamente per la memoria, quelle delle donne si fanno grazie alla memoria.
Oggi questa lettera non è firmata,
non è finita, non è impostata.
Quando sarà finita
la imposterò da un paese lontano.
[1] Gillian Clarke “Una ricetta per l’acqua. Poesie scelte 1982-2009” nella traduzione di Giorgia Sensi, Il Ponte del Sale (maggio 2014);
[2] G. Ferrara “Buon sangue. Non Mente” (questo blog, 8 maggio 2014);
[3] Leonardo Sinisgalli. Poeta al servizio di due Muse a cura di Silvio Ramat Poesia, anno XIV ( febbraio 2001);
[4] G. Ungaretti, lettera scritta a Leonardo Sinisgalli per il primo numero di Civiltà delle Macchine (Gennaio 1953).
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