lunedì 14 luglio 2014

La persistenza dell'Origine

La cosa più sorprendente in Natura è l’esistenza del mondo. La cosa più interessante nel mondo è la nascita di un nuovo mondo nel cuore di quello vecchio. Ma la cosa veramente più intrigante di tutte è l’istante iniziale di questa nascita cioè la comparsa di una superficie che separa qualcosa di vecchio da qualcosa che si sta formando ex novo, apparentemente dal niente: una superficie che sembra cedere e contemporaneamente resistere a qualcosa.


Questo fenomeno, che viene indicato, a seconda dell’ambito, con i termini scientifici di nucleazione, gemmazione, segmentazione, è un vero e proprio miracolo perchè l’embrione, per così dire, del nuovo mondo-la nuova vita, quindi- per raggiungere una dimensione critica e continuare la sua crescita, deve necessariamente opporsi a una legge di Natura, la seconda legge della termodinamica.
Tale legge stabilisce che tutti i fenomeni naturali avvengono in un verso ben preciso e, di conseguenza, intrinsecamente irreversibile.
Detto in altri termini è poco probabile che si verifichi spontaneamente una combinazioni di fenomeni in grado di ripristinare lo stato iniziale, l’origine: una goccia di caffè in un bicchiere di latte formerà spontaneamente un caffe-latte di colore beige, ma non capiterà mai di vedere spuntare- spontaneamente- da un caffe-latte beige, una singola goccia di caffè nero...e ,ammesso che ciò accadesse, nulla si potrebbe dire sulla caffettiera che ha prodotto quel caffè! L’orologio implica un orologiaio ma non sempre dall’orologio si può risalire all’orologiaio.


Da questo punto di vista ogni atto creativo, inteso come “fenomeno naturale”, è una rappresentazione di un processo di nucleazione con un suo inesorabile corollario alla seconda legge della termodinamica: è naturale e, allo stesso tempo, complicato, ripercorrere un ...processo a ritroso fino a raggiungere, osservare e conoscerne l’Origine.
E’ noto che Walter Benjamin ha paragonato l’Origine ad una spirale, a un vortice [1]:


“...l’Origine sta nel flusso del divenire come un vortice e trascina dentro il proprio ritmo il materiale della provenienza...[e poichè] non emerge dalla sfera dei fatti ma si riferisce alla loro pre- e post-storia, l’origine non appartiene ad una categoria logica, ma storica...” se non addirittura mitica e poetica.


Ora probabilmente chi segue il Post delle Fragole sa che il suo intento è quello di arrivare alla radura, laddove si possa raccogliere il frutto primaverile, per questo il blog vorrebbe, e spera di, animarsi della piacevole sensazione del ritorno delle cose, del presentimento di una certa persistenza delle origini. Il mito, l’analogia e l’arte sembrano essere gli strumenti più adatti per raggiungere/mancare l’obiettivo, per arrivare/abbandonare sul/il Posto.

Molto più adatti della matematica, della logica e della scienza che permettono solo una delle due possibilità.

Proviamo allora a prendere sul serio l’immagine dell’origine come un vortice. Se c’è una forma che sembra ben rappresentare una superficie che cede e ubiquamente resiste alla disfatta del vecchio mondo sul nuovo e del vecchio sul nuovo; se c’è una figura che rappresenta contemporaneamente un movimento e la sua origine, un movimento dalla sua origine, questa forma è la spirale. Si pensi al riccio che si forma sulla cresta di un’onda o alle foglie che si dispongono ad elica sui rami degli alberi e ancora alle collisioni tra particelle elementari che lasciano tracce a forma di spirale o alle macromolecole, alle conchiglie, alle galassie : tutto è spiraleggiante, tutta la natura in movimento ha nel movimento la sua natura e la spirale sembra esserne la forma[2].

Se, come diceva Paul Klee[3]: “...l’opera d’arte non è una mera forma”, potremmo chiosare dicendo che la Natura, invece, si: e questa forma è la spirale “...figura conveniente e a portata di mano per rappresentare le piante, gli animali , la terra e la sua storia, le stelle e per interpretare al meglio i loro rapporti nell’Universo...”


La spirale possiede quella caratteristica naturale di separare un mondo vecchio da quello nuovo infatti è una forma che emerge e si separa da un flusso di cui faceva parte per continuare a parteciparvi in un modo diverso. In un mondo diverso. Per così dire è la forma eccellente a preservare una persistenza della sua origine: è sintomatico il fatto che se si lascia cadere in un gorgo (magnetico, gassoso, fluido, stellare ma anche di note, di colori, di parole, di pensieri) un oggetto esso manterrà, nel suo costante ruotare, la stessa direzione puntando, per così dire, verso il nord ( si, proprio come l’ago di una bussola) rappresentato dal vertice o dall’origine del gorgo.


Così il centro da cui tutto pare dipartirsi è anche il luogo dove tutto sembra precipitare: un “buco nero” in cui agisce una forza di attrazione infinita, tanto da catturare anche la luce, e da esercitare una pressione negativa, anch’essa infinita.


Non la Linea non il Circolo come voleva Platone ma la Spirale, dunque, sembra essere la forma in grado di rappresentare l’origine e il destino delle cose. E cosa è un verso poetico su una pagina se non la superficie che separa il vuoto della pagina dal pieno della parola, il segno dal significato? Cosa è il susseguirsi delle parole se non un piccolo Big Bang dove il verso si contrae e dilata come se andasse incontro all’infinito della pagina o come se tornasse indietro alla sua origine con il suo ritmo e le sue rime. Verso ossia volgere, girare; così che andare lungo un direzione vuol dire anche tornare alle radici.
Detto con le parole di G. Ritsos [4]:


Quando dovrai chinarti
per trovare la tua radice
perché il circolo si chiuda?

Non si chiude.
E non circolo.
Spirale


La poesia avanza a spirale, guardando indietro come fa l’Angelo di Klee come fa la Micol di Bassani. E’ la poesia che permette di riconoscere nell’origine un destino e nel destino un punto di partenza e non di arrivo, la superficie che separa quello che è stato da ciò che sta per nascere. Tanto l’origine che la fine sono superfici “bifronte”, sono solo forme che emergono da un flusso continuo di parole versate in versi che girano, vortici che si avvicinano/allontanano contemporaneamente al/dal l’uomo che scrive/legge.
Solo la poesia può abbracciare contemporaneamente la catastrofe e l’apocalisse : la caduta nel vortice è anche un ritorno; la fuga centrifuga è anche un(a) fine.
La spirale è dunque la plastica rappresentazione della Poesia intesa come oggetto e come essenza, nel suo farsi verso (poiein) e nel suo evocarsi.


Le spirali! Le spirali! Vecchio Volto di Pietra guarda:
Non si possono più pensare le cose cui troppo a lungo si è pensato.
Che la bellezza muore di bellezza e il merito di merito,
E le antiche fattezze si cancellano.
Irrazionali correnti di sangue macchiano la terra;
Empedocle ha sconvolto ogni cosa;
Ettore è morto e v’è un chiarore a Troia;
Noi spettatori ridiamo di tragica gioia.


(W.B.Yeats,[5])


E’ in questo movimento della mano che scorre su un foglio, dello sguardo che volge al verso, dello spirito e della memoria che si rinnovellano giro dopo giro, è qui che avvertiamo la persistenza dell’ origine. In questo vortice ci viene indicato che la morte di un uomo è anche il momento preciso dello splendore della Vita e che se la bellezza muore, muore di bellezza.
Lì al confine tra il vecchio mondo che muore c’è qualcosa di nuovo che spunta, nuclea e cresce, perchè questo fa la poesia, crea superfici tra chi scrive e chi legge; crea il braccio di una spirale che genera due forme, una aperta ai quattro venti, centrifuga nella sua avanzata ed entropicamente tesa a Divenire e l’altra che si guarda indietro fiera e immobile, con lo sguardo rivolto al centro dell’Essere.




Riferimenti

[1] W. Benjamin Angelus Novus ,Einaudi

[2] G. Agamben Il fuoco e il racconto ,Figure Nottetempo

[3] P. Klee Analisi come concetto in Teoria e Forma della figurazione Vol.I

[4] G. Ritsos Erotica, Crocetti

[5] W.B. Yeats Spirali da Quaranta Poesie, Einaudi