martedì 23 febbraio 2021

Louise Glück: la lingua dei fiori

Il Premio Nobel per la letteratura 2020, Louise Glück, nel 1996 aveva da poco pubblicato il suo The Wild Iris. In quella raccolta sembrava che l'autrice avesse solo due preoccupazioni: i fiori e suo marito. Dal marito avrebbe divorziato. Dai fiori, mai, perché una parte consistente della poesia di Louise Glück consiste appunto nel dar voce ai fiori. In occasione di una presentazione le furono rivolte le inevitabili domande su chi fossero i suoi riferimenti poetici e a quale linea della letteratura americana si sentisse maggiormente legata. Louise Glück rispose: “La prossima domanda, per favore”. E se la prossima domanda fosse: “Di cosa parlano le poesie di Louise Gluck?”, bisognerebbe rispondere allo stesso modo "la prossima domanda per favore", finendo per incappare in uno di quei giochi circolari nei quali si esce quando si smette di giocare. Si smette, cioè di fare questo tipo di domande. Nell'imperscrutabile vocabolario della filosofia queste domande verrebbero definite epistemologiche in quanto riguardano la conoscenza del mondo (scientifico, letterario, poetico...), ma il poeta non è interessato a come possiamo conoscere il mondo ma come e perché possa esserci un mondo da conoscere! Basterà un esempio per capire tutto questo e così chi avrà veramente qualcosa da chiedere potrà fare un passo avanti e…tacere. Da The Triumph of Achilles, Filadelfo del 1985: No, fammelo dire, non è la luna./ Son questi fiori/ che illuminano il giardino.// Li odio./ Li odio come odio il sesso,/ la bocca dell’uomo/ che salda la mia bocca, il corpo suo/ che paralizza il mio –// e il grido che sfugge sempre,/ premessa infima,/ umiliante dell’unione –// Stanotte, tra me e me/ ascolto la domanda e inseguo la risposta/ fusa in un suono/ che sale e sale e poi/ si divide nei vecchi sé,/ antagonismi stanchi. Vedi?/ Ci hanno preso in giro./ E il profumo del filadelfo/ fluttua alla finestra.// Come posso riposare?/ Come posso esser contenta/ se nel mondo/ c’è ancora quell’odore?/ “Quali cose hanno dettato parole a Louise Glück ?” Ecco: questa sarebbe una bella domanda da fare a chi la notte tra se e se ascolta e... insegue la risposta che sale e... si moltiplica in ognuno di noi. La luna quando parla è bugiarda, ci prende in giro: scrive una C in cielo quando Decresce e una D quando Cresce. Il filadelfo, no. Sono i fiori a dettare la Poesia a Louise e Louise sta attenta come una bambina che ascolta la maestra: si mette da parte e scrive il Dettato. Ora, come si sa, i fiori hanno un loro linguaggio e la classe quindi va educata ed istruita affinché lo si possa imparare. Come dice Bacigalupo, primo traduttore italiano della Glück, “la poesia di Louise Glück è molto originale, semplice, diretta, senza nessun abbellimento. È facilmente leggibile ma anche un po' sfuggente. Parla del mondo mitico, della natura e della famiglia ma con un certo distacco, è algida. Non c'è nulla di viscerale che di solito garantisce un certo successo…". Già, è proprio come un dettato. L'iris selvatico, una delle poche traduzioni della Glück nel nostro paese, è una raccolta tutta giocata sui fiori che parlano al giardiniere. La poesia di Louise Glück è di fatto la traduzione della natura (esterna e interna): cosa sussurra, dice, grida il mondo naturale? Come lo dice e perché lo dice? Nel rispondere a queste domande la Glück risponde a quelle domande. Nel raccogliere e tradurre queste "parole", il suo dettato personale si trasforma in una risposta collettiva. Questo significa pensare alla vita, al mondo naturale, ai fiori, al filadelfo in un modo molto diverso da quello immaginato dalla scienza e da chi pone le domande per conoscere. Così come non esiste un determinato ingrediente segreto(p. es. il bosone di Higgs, il DNA,un enzima...) nascosto nelle cose e a partire dal quale tutto viene messo in moto sul palcoscenico planetario; allo stesso modo non esiste un solo poeta, una predefinita Scuola letteraria che mettano in moto la Poesia. Si tratta piuttosto di pensare alla vita come a una potenziale circolazione di materia-energia che scorre nel mondo trasformando le forme in essere, mantenendole al proprio posto ( nel giardino) per l'arco di tempo assegnato dalla "stagione". Non significa quindi che i fiori o, perché no?, le pietre sono in vita, ma che sono nella vita, e dunque come tutto cià che vive, parlano e rispondono alle domande.

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