lunedì 22 ottobre 2018

La compagnia più bella: la poesia di Kathleen Jamie

Nel Post delle Fragole abbiamo già ospitato la poetessa Kathleen Jamie in occasione della sua raccolta La casa sull’albero [1] tradotta - o sarebbe meglio dire con Attilio Bertolucci, imitata - da una delle nostre migliori esperte di poesia anglofona: Giorgia Sensi[2].
Kathleen Jamie è nata in Scozia nel 1962 e si è laureata in filosofia all’Università di Edimburgo. È di questi giorni l’uscita della sua ultima raccolta The Bonniest Companie curata nella traduzione ancora una volta da Giorgia Sensi per i tipi di Medusa (La Compagnia più bella).[3]
I temi della poesia di Kathleen Jamie sono per lo più di carattere naturalistico e prevalentemente riferiti alla sua amata Scozia selvaggia e domestica. La Jamie è anche una notevole narratrice di viaggio e pertanto esperta naturalista ed ornitologa. E viceversa.
Le sue poesie pertanto sono sempre animate da questa costante conversazione, a volte dai risvolti antropologici, tra mondo naturale e mondo umano, tra uomini, donne con animali, alberi, e paesaggi. Le origini famigliari, la maternità, la nascita, i ricordi e le scampagnate quotidiane sono le tappe di scoperte più profonde dalle atmosfere magiche.
Tutto questo viene amplificato da alcuni termini (quasi ritualistici) dell’antica lingua scozzese, lo scots, conferendo alla sua poesia una natura rarefatta e misteriosa che sembra aprire uno spiraglio tra silenzio e mondi senza tempo.
Oltre agli eventi sociali e culturali che hanno alimentato le immagini della sua poesia ( la Jamie è stata una fervente attivista della campagna per il “YES” al Referendum del 2014 sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito); ma , prima di questo, un altro evento di natura più intima e privata ha suscitato una esplosione ispiratrice non indifferente.
Nel 2002 la Jamie scopre di avere un tumore al seno e dopo l’intervento si risveglia con una lunga cicatrice a forma di Y che le si allungava sul petto. È lei stessa a raccontare nei minimi dettagli lo choc provato nell’abbassare lo sguardo e scoprire la propria parete toracica completamente piatta, quasi da bambina.
Quel nuovo segno “le si era scritto” sul petto, un segno che scoprirà essere famigliare nel senso che aveva, per così dire marchiato, in un modo o nell’altro, altre donne della sua famiglia e non solo. Tanto è bastato per fare di quella cicatrice il kleos (vedi più avanti) di una stirpe di donne scozzesi da onorare: sua madre e prima di lei sua nonna e ancora più su le sue antiche progenitrici, donne-uccello, donne-albero, donne-costa frastagliata.
Lei, poeta, sapeva perfettamente che un segno in poesia apre a nuove possibilità della lingua e fa emergere una voce dal silenzio. Comincia così a chiedersi: «Cosa fa un’artista quando inizia una nuova opera? Traccia un segno. Io adesso ho un nuovo segno. Posso cominciare l’opera!»
Troppi sguardi di medici, nel corso degli interventi e delle terapie, si erano soffermati su quel segno leggendolo nell’unico modo, per loro, possibile ma se invece, si chiese la Jamie, fosse stato un’artista a guardarlo e a leggerlo?
Ecco la storia di come quel segno si è mutato di volta in volta in mappa, in fiume, in un ramo di sorbo, nel gambo di una rosa.



YES
Kathleen si rivolse alla sua amica di lunga data e le chiese se voleva dare un’occhiata alla ferita. Brigid [4] conosceva Kathleen da bambina e avevano affrontato insieme tante cose: lotte sulla parità di genere, la campagna per l’Indipendenza della Scozia e anche quest’ultima prova della sua malattia. L’aiutò a scoprirsi e vide il
suo spazio svuotato e quella lunga Y sul petto dell’amica.

-Sai, sono così abituata ad essere letta da tanti medici che provo quasi un senso di sollievo al tuo sguardo. Una carezza.- disse Kathleen

-Capisco quello che provi, ma io non leggerò mai questa Y!- rispose Brigid con un tono piuttosto scosso.

-Stai tranquilla -proseguì Kathleen - per me è tutto OK. Mi sono convinta del fatto che questo segno sul mio petto rappresenti il
kleos della mia famiglia. Sì, mi rendo conto che non si tratta di un fiore di loto come quello che la giovane Phrasikleia va mostrando da migliaia di anni ma è pur sempre un modo di “far girare la voce”.-

Brigid conosceva la storia della koure, la statua della fanciulla, che lei e Kathleen avevano visto al museo di Atene in un loro viaggio in Grecia. Sentiva che Kathleen attraverso quella immagine le parlava del suo passato, della madre e della nonna anche loro operate al seno e che in qualche modo riteneva questa Y il proprio
sperma pyros, il seme di fuoco, che si apre di giorno e si chiude di notte proprio come fa un fiore di loto o un fuoco perenne.

Brigid alzò lentamente gli occhi dal segno e guardò l’amica e prima ancora che Kathleen le chiedesse qualcosa disse:

-Ok, facciamolo. Diamo voce a questo segno. Che diventi veramente il tuo fiore di loto o se non proprio questo, un ramo di sorbo, una rosa canina, un nuovo albero piantato nella tua campagna-
Il periodo di guarigione e di convalescenza sarebbe diventato un processo creativo. Brigid avrebbe creato dei dipinti e delle sculture partendo dalla forma del segno, Kathleen avrebbe scritto delle brevi prose poetiche a partire dal suono di quel segno.
Y come YES.
“Talvolta sento quasi una dolce selvatica musica” scrisse Kathleen in una delle sue poesia “percepibile nei vuoti tra le foglie del sorbo”.E questi rumori distanti del giardino mi ricordano un “rumore di nodi che si sciolgono, il rumore della benigna indifferenza del mondo”.[5]

Il dipinto che Brigid creò per accompagnare queste parole rappresentava un ramo di sorbo, ricoperto da strati di gesso e gommalacca e poi sabbiato per tornare a essere visibile come se le foglie del sorbo stessero sorgendo a nuova vita. Come quelle parole antiche ma sempre vive che Kathleen andava scrivendo quasi fossero delle iscrizioni epigrammatiche su un basamento che avrebbe accolto la statua di una koure.

Un giorno a Brigid capitò di imbattersi in un verso di Robert Burns :
“Cogli il fiore: la sua freschezza viene meno!”. Questo la ispirò per creare una rosa canina, modellata sul profilo della cicatrice di Kathleen e che emergeva da una pagina macchiata, simile ad una di quelle miniature dei manoscritti medievali.
In una delle loro chiacchierate, dove si guardavano bene dal raccontare le loro creazioni, Kathleen raccontò a Brigid che sua nonna chiamava il petto
breist e il seno kist.

-Le ginocchia di mia nonna e il suo abbraccio erano i luoghi dove mi sentivo più al sicuro - confidò Kathleen all’amica – come un ago in una scatola di cucito, come una sottana che ti tiene pulita e al riparo dal mondo-
Brigid creò una scultura a cui diede il titolo kist.

Kathleen scrisse una breve prosa poetica dal titolo
Heredity 2 [6] dove elencava il nome di donne sposate con minatori, boscaioli, fabbri, muratori; uomini che furono mandati in guerra e che ritornarono devastati nella psiche. Quelle donne che restavano piantate come alberi nelle campagne si ammalavano e offrivano ai loro cari la memoria di una cicatrice, la certezza del kleos. E i loro nomi, quello di queste donne e quello dei loro mariti, “girano ancora” e sono arrivati a noi: Isabella Telford, il marito di Margaret Stirling ...

Nel raccogliere tutte queste parole e i dipinti, le sculture, nati da questa stravagante terapia Kathleen concluse che rimettersi in salute dopo l’intervento era stata gioia pura, per certi versi:

- Nessuno voleva niente da me, camminavo in riva al fiume, dormivo meglio di quanto mi fosse accaduto da anni...-
Il segno che si mostrava sul suo petto, quel kleos di carne ancora viva, in fondo era solo un verso in più sul suo foglio e ogni giorno avrebbe avuto la luce giusta e la voce giusta per leggerlo e ascoltarlo cantare tra gli uccelli al riparo dei rami del sorbo.
La Y di YES alle albe scozzesi, al ritorno dei falchi pellegrini e della lince e del lupo nelle highlands; la Y di YES alla vita e perfino al referendum. Il segno dunque era diventato parte di un paesaggio naturale come può esserlo un giardino dietro casa dove sappiamo le cose più segrete (il numero di margherite, il nome di un passero,...).

E, come accade in un giardino, ogni giorno è un apparire di vita nuova, ogni giorno qualcosa muore per rinascere e le margherite che vengono raccolte oggi sono quelle che erano spuntate 300 anni fa![7]

Il giardino

Cosa so io/di come va il mondo/-quasi nulla./C’è mistero nel giardino dietro casa/-specialmente nel mio giardino dietro casa!/Della pioggerella/che fa luccicare il susino/l’ombra della catasta di legna,/il portanoccioline che vibra/quando un passero prende il volo -/e queste margherite/tutte accampate sull’erba/- le stesse della settimana scorsa, dell’anno scorso, stesse/ma non identiche/a quelle che osservavo da ragazza/innocenti e senza pretese/tutte ricevono la loro parte

Riferimenti

[1] - http://thestrawberrypost.blogspot.com/2016/10/la-casa-sullalbero.html
[2] - http://www.cronacacomune.it/notizie/34746/un-sabato-al-mese-il-via-alla-rassegna-con-le-traduzioni-poetiche-di-giorgia-sensi.html
[3] - Kathleen Jamie, La compagnia più bella, a cura di G. Sensi, Edizioni Medusa (2018)
[4] - http://www.brigidcollins.co.uk/
[5] - https://granta.com/frissure/
[6] - Kathleen Jamie & Brigid Collins, Frissure, Polygon (2013)
[7] – John Keats, Poesie , con un saggio di J.L. Borges, Mondadori (2004)