lunedì 8 settembre 2025
Haiku per Bianca Scodini
L’haiku è un tipo di componimento poetico estremamente breve, rigorosamente composto da tre versi rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe ( o più propriamente more) per un totale complessivo di 17 sillabe.
Ma tale caratteristica strutturale - per i puristi: inderogabile! - non significa che l’haiku sia un semplice esercizio di riduzione quantitativa quanto piuttosto -e più propriamente- un vero e proprio esercizio di condensazione, come cercheremo di spiegare.
Diciamo subito che il vero miracolo di questo breve componimento poetico e di tutti quelli che ad esso, più o meno direttamente, si riferiscono – si pensi agli pseudo-haiku di Andrea Zanzotto – è proprio questo: riuscire a concentrare una straordinaria ricchezza di contenuti in pochissime sillabe.
E cosa significa “una straordinaria ricchezza di contenuti”?
Ogni haiku cerca di trasporre in parole un’esperienza particolarmente intensa nei confronti di un elemento, di un aspetto, di un evento naturale. Questo viene reso in modo esplicito con l’aiuto di una parola stagionale, il cosiddetto kigo, un termine cioè che possa richiamare immediatamente la particolare stagione nella quale l’haiku è stato composto.
Un kigo può essere un animale, un luogo, una pianta, un evento o una festa stagionale: ricordiamo che il riferimento privilegiato ai fenomeni naturali è una caratteristica comune a tutta la cultura tradizionale giapponese.
Il messaggio che un haiku invia, presupponendo che sia anche, ma non solo questo, lo scopo di un componimento poetico, va acquisito non solo con la lettura del testo ma, prima di tutto, va vissuto, “incorporato” per così dire con una pratica meditativa o per essere meno pomposi, con una pratica condivisa.
Nella lettura di questi pseudo-haiku raccolti da Gianni Cascone e dedicati alla sua cagnetta Bianca (Haiku per Bianca, Giraldi Editore, 2025) la pratica che verrebbe richiesta ad ogni lettore è quella di provare a condividere, rivivere o immaginare l’esperienza di accogliere un cucciolo di cane nella propria casa e meditare su quella che i giapponesi chiamano mujō, cioè l’impermanenza di questa esperienza.
A titolo d’esempio prendiamo uno degli pseudo-haiku della raccolta di Cascone, quello a pag. 26:
Tu non incedi, scoppietti/da pupazzetto vivente/il dono di un eterno Natale
Si può immediatamente notare come ciascuno dei tre versi non si riferisce ad una “cosa” ben precisa ma a una “cosa” intrisa di tempo cioè ad un evento: la cagnetta in quanto scoppiettante è un processo brevissimo, intermittente; il pupazzetto è sì un oggetto ma in quanto vivente avrà una sua durata; per finire, l’eterno Natale, è la negazione stessa di un processo che ha un suo inizio e una sua fine, quasi per proclamare la presenza di un…present perenne.
Benché si tratti di tre eventi determinati ciascuno da una propria temporalità, l’impressione che l’haiku - un haiku, questo haiku – genera è quella di un evento unico che accade in un attimo ed è questo accadere che accomuna lo haijin ( il poeta di haiku) e il suo lettore.
È chiaro che alla pari dei tre versi, i tre “momenti” dell’haiku sono collegati a due a due tra loro così come anche lo haijin e il suo lettore lo possono essere in questa “condivisione dell’impermanenza”: è evidente che scoppiettante si lega a vivente e che dono si lega a pupazzetto !
Questa condivisione della impermanenza finisce paradossalmente per rafforzare spazialmente, temporalmente e…umanamente un senso di unità tra noi e il resto del mondo: nell’attimo brevissimo in cui una cagnolina scodinzola scoppiettante o un antico dono di Natale ci raggiunge nel ricordo, ci rendiamo conto quante e quali cose (miracolose) sono vissute e condivise con gli altri individui della nostra specie e non solo.
E l’haiku- un haiku, questo haiku -ha il potere di fare questo, attraverso una lingua senza tante parole, fatta magari degli sguardi di una cagnetta che ci riporta a quello che eravamo e che dimentichiamo con estrema facilità: bambini grati che dipendono da CHI li accudisce.
Perché, come ci ricorda Borges in uno dei suoi famosi racconti, è proprio per opera di un haiku [https://www.periscopionline.it/un-haiku-ci-salvera-forse-305102.html] che, in un “tempo lontano”, gli dei giapponesi ci salvarono, allo stesso modo nel quale può farlo una cagnetta di nome Bianca Scodini.
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