lunedì 20 gennaio 2025
I Tanka di Fabrizio Bajec per le quattro stagioni
Tanka per le quattro stagioni (e altre poesie brevi) è il titolo della raccolta poetica di Fabrizio Bajec appena pubblicata per i tipi di Vydia Edizioni.
Il titolo sembra riecheggiare ( o fare il…verso a) quello della raccolta di Andrea Zanzotto, Haiku per una stagione. Ma vi è una differenza non solo nel riferimento a due generi della poesia orientale ( sui quali torneremo tra poco), ma anche in quello alle quattro stagioni di Bajec, rispetto all’unica di Zanzotto.
Haiku for a Season è stata l’ultima raccolta di Andrea Zanzotto. Il libro fu pubblicato postumo nel 2012, in edizione americana, e ripreso poi nell’edizione italiana da Mondadori nel 2019. In realtà la prima stesura risale alla primavera-estate del 1984, una stagione, appunto, particolarmente difficile per il poeta di Pieve di Soligo per via del suo “male oscuro”.
Zanzotto decise di scrivere queste brevi poesie che lui stesso definì pseudo-haiku utilizzando la lingua inglese, utile allo scopo in quanto ricca di monosillabi. La tradizione secolare dello haiku giapponese, infatti, prevede innanzitutto una forma chiusa in tre soli versi di 5, 7 e 5 sillabe rispettivamente.
A fianco a questa regola imprescindibile si affianca poi l’uso del cosiddetto kigo stagionale, una parola cioè che caratterizzi la stagione nella quale l’haiku è stato composto. E per finire all’interno di uno dei due versi si introduce il kireji la cosiddetta parola che taglia e che in qualche modo ribalta le aspettative (semantiche o concettuali) del breve componimento.
Il titolo di Zanzotto dunque allude a questa unica stagione interiore, senza stagioni esterne, e dunque senza bisogno necessariamente di diversificarsi attraverso un kigo né di ribaltarsi (semanticamente o concettualmente) grazie a un kireji.
I tanka di Bajec sono un’altra cosa. A detta dello stesso autore - ammesso che l’ “esistenza” di un autore di haiku sia… ammessa! - queste poesie brevi della raccolta si aprono a una vera e propria esperienza contemplativa che si svolge nell’arco di momenti stagionali precisi. Il primo tanka di Primavera ci aiuterà ad entrare nello spirito giusto della raccolta:
galleggiano e basta/
nubi e piante d’acqua dolce/
non conservano un bel niente/
seduto su un tronco neanch’io/
coltivo propositi
[pg.22]
Fabrizio Bajec scrive in francese e nella raccolta sono riportate le sue auto-traduzioni in italiano dei testi originali che meglio rispondono alla struttura classica di un tanka formato da 5 versi per un totale di 31 sillabe (5-7-5-7-7). Le prime 17 sillabe, cioè i primi tre versi (5-7-5) formano quello che poi da solo verrà chiamato haiku e che contiene la parola stagionale, il kigo. Nelle traduzioni in italiano le strutture sillabiche in effetti saltano, ma rimane lo spirito intrinseco a queste breve composizioni orientali che nel tanka riportato è già tutto rivelato.
Le brevi forme poetiche giapponesi intendono fotografare un evento naturale in un preciso momento stagionale, evento che però sia il più possibile svincolato dalle “costrizioni di un soggetto” (per questo si alludeva alla non ammissibilità di un autore come quello che viene tipicamente definito “poeta” dalla poesia occidentale).
In effetti lo haijin , colui che è parte dell’azione stessa dell’evento, è di fatto un viandante che “percorre una…via” molto più profonda e remota dello spazio e del tempo propri, una via che si illumina completamente attraverso una “presenza mentale “. È questo “qui e ora”, senza propositi, racchiuso nel testo, a essere importante.
“Io sono ciò che mi circonda” pare dirci in questo tanka Bajec. Come le nuvole e le piante d’acqua dolce anche “io” non conservo nulla e non sono fatto dei propositi che l’”io” coltiva.
Quando solitamente la “mente” viene ammorbata da dualismi come, ad esempio, fluido (l’acqua, le nuvole) e solido (il tronco, il corpo), non si potrà comprendere il medesimo galleggiamento, delle nuvole nel cielo, delle piante sull’ acqua dolce, del “mio” corpo posato sul tronco o…sull’Universo.
Questo tipo di inversione tra figura e sfondo tipico della poesia contemplativa di Bajec non resta però una semplice proiezione (frammentazione del mondo quale prodotto di un… pensiero in frantumi e viceversa) ma diventa vera e propria percezione come quella magnificamente mostrata nella poesia breve della Seconda parte della raccolta (Vasto cielo):
uguale a un fiocco di neve/
su un parabrezza di un camion/
questo mondo irreale/
che leggeri attraversiamo/
sorridendo per poco/
[pg. 69].
Fabrizio Bajec ha iniziato la pratica della meditazione nel 2008, frequentando varie scuole e tradizioni buddiste (zen vietnamita, buddismo theravada, zen giapponese). È stato ordinato monaco zen sôto nel 2022 e ha ricevuto la trasmissione del dharma (shiho) dal maestro Bernard Senryû Deverrière nel maggio 2023. Due libri sullo zen sono apparsi in Francia nel 2024: Le Moine et l’enfant (éditions Synchronique) e Le point zéro (L’originel-Accarias).
Attraverso questo suo particolarissimo percorso spirituale la poesia di Bajec sembra aver acquisito speciali capacità. La prima: evitare di proiettare sentimenti propri sul mondo. La seconda: regalare la vera percezione dell’evento senza l’intrusione di un sé.
Esempi di queste capacità sono il tanka d’Autunno a pg. 35:
le oche della Loira/
scaricano sterco dul molo/
presso il ristorante/
fluviale due donne inciampano/
nelle loro Ferragamo/,
dove persino l’inattività dello haijin non si impone e anzi si sottomette a una compassione che pervade tutta la scena senza alcun rilievo di tipo personale, ambientale, sociale o morale.
Nel testo seguente di pg. 67 si apprezza invece questa capacità di istituire la stessa azione (direbbe un critico occidentale: il poiein) a soggetto della poesia:
l’operaio fognario emerge/
abbagliato dal sole/
ma il telefono scivola/
e finisce nel buco/
dove lui ridiscende/
con lo sguardo di Sisifo/
gettato alla rinfusa/.
Attraverso queste sue capacità Bajec in definitiva ci restituisce una inattività della lingua che è propria della poesia. Abituati come siamo a una forma attiva di linguaggio (la comunicazione, l’informazione) le poesie brevi di Bajec riescono a ricordarci una modalità contemplativa della lingua. E di questi tempi, dove il caos informativo e comunicativo distrugge il silenzio, quello che Bajec riesce a far con “poche” forme della brevità, non è poco.
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