domenica 23 settembre 2018

Fallimento della Lingua e Emergenza della Poesia

Si dice che la Poesia inizia quando una lingua si esaurisce nel suo fallimento.
Il più grande fallimento di una lingua consiste nello svuotamento delle parole. Le parole si svuotano o perché se ne distorce uso e significato o perché le si azzittisce non lasciandole accordarsi alla realtà e, dunque, suonare a tono .
La poesia , paradossalmente, mette a nudo, e a volte favorisce, il fallimento di una lingua perché suo è da sempre il compito, tra gli altri, di riempire queste ciotole vuote che sono diventate le parole.
A tal proposito viene in mente una storiella Zen, molto esemplificativa:

“Nan-in, un maestro giapponese dell’era, Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi.
«È ricolma. Non ce n’entra più!»
«Come questa tazza» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?»”
[1].

La Poesia emerge quando le parole sono state svuotate per via del fallimento della lingua.
In matematica il fallimento topologico è chiamato catastrofe e precede sempre l’emergenza del Nuovo.

Se la poesia quindi rinnova la lingua allora bisognerebbe equipararla alla traduzione di una particolare emergenza o se vogliamo di un’esigenza di Nuovo.
Questa traduzione rappresenta il moto dei mutamenti piuttosto che i mutamenti stessi. Il volo di uno stormo di allodole piuttosto che le allodole. Le rotte migratorie piuttosto che i migranti. Così quando una lingua- per causa o effetto del suo fallimento- non è più in grado di tradurre i fatti, la poesia, sente l’assenza del discorso, avverte la incapacità di parlare e farsi ascoltare e, infine, agisce nel suo ...farsi (poiein non dimentichiamolo vuol dire fare, creare).
In questo momento, alla fine del 2018, gran parte dello spazio pubblico europeo (per non dire mondiale) è un tripudio di posizioni nazionaliste (vedi la Brexit ma anche l’avanzata di posizioni autarchiche e sovraniste in vari Paesi dell’Est europeo, dell’Italia stessa e dell’ America di Trump); un’apoteosi di confini militarizzati a difesa di terre e proprietà; la scoperta (o l’invenzione) di razze e identità più o meno accertate, più o meno fittizie: chi sono gli americani? Chi gli italiani? Chi gli australiani?

Gli sterili tentativi di dare e difendere una spiegazione logica, plausibile e convincente, a questa nuova struttura dello spazio pubblico non possono che ricordarci quello che diceva Calvino a proposito dell’Identità: è un fascio di linee divergenti che trovano nell’individuo un punto d’intersezione.[2]

Ma al di là di queste considerazioni resta il fatto che tutto questo sbandierare e segnare una differenza (affermare quindi una identità) è solo uno specchietto per le allodole per distoglierci dalle contraddizioni di una “guerra alla migrazione di esseri umani” che è una forma più preoccupante di migrazione.

Quella dell’Umanità!

Apparentemente America, Inghilterra, Italia, Ungheria restano, al loro interno, unite ma nel contempo rimangono società, divise ed antagoniste, spinte dallo slogan “prima noi” ( bisognerebbe rileggere “la storia di un ortolano” di Vaclàv Havel a proposito del potere tranquillo degli slogan di regime e delle versioni ufficiali!)[3].

Tali società possono conseguire una sedicente unità solo attraverso l’odio verso un nemico esterno. È facile trovare un nemico e fare apparire tutti quelli che la pensano o vengono indotti a pensarla come te, nostri grandi amici. Fino a poco tempo fa litigavi con il tuo vicino di casa perché aveva la televisione ad alto volume ma appena hai saputo che anche lui ha preso il porto d’armi, come avevi fatto tu l’anno precedente, per difenderti dai...clandestini (quanti?), vi salutate amichevolmente e vi frequentate più spesso, fino al punto di non guardare più la televisione e uscire insieme, per ronde, la sera.

Ma l’euforia di questa ritrovata unità si dissolve molto rapidamente. Gli specchi per le allodole cominciano a frantumarsi non appena i grossi limiti imposti dagli Stati alle libertà di “altri” (le libertà civili, di movimento, di non aver paura, di essere felici, di vivere degnamente) iniziano a limitare anche le nostre identiche libertà. Lo stormo si disperde. A nuoto i migranti raggiungono le sponde.
È in questo spazio pubblico che la lingua comincia a fallire ed è qui che la poesia, da genere marginale la cui esistenza è irrilevante al corso di un...regime, emerge a voce, URLO, che si fa sentire.

Perché la parola rifiutata, falsa o stonata ritorna a sé stessa come parola di rifiuto, verità e canto; perché la parola svuotata di suono e senso si riempie nuovamente e si rinnova in un segno che non può essere integrato e assorbito tra vecchi segni; perché la Poesia emerge come voce di un’Umanità che sta ritrovando una Lingua e che non è più costretta a restare imprigionata o a migrare su una Terra sua.

Quando la lingua fallisce nella promulgazione di leggi razziali, nella propaganda degli slogan di regime, nel vagito di piccoli Grandi Fratellini del web e di ...muti Portavoce in felpa e cravatta, la Poesia emerge e si fa sentire. Sempre.

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla follia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte...
....
II
Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha sfracellato il cranio e divorato cervello e immaginazione? Moloch! Solitudine! Lerciume! Schifezza! Spazzatura e dollari inafferrabili! Bambini che strillano nei sottoscala! Ragazzi che singhiozzano negli eserciti! Vecchi che piangono nei parchi! Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch spietato! Moloch mentale! Moloch giudice spietato d’uomini! Moloch prigione incomprensibile! Moloch galera teschio di morte senz’anima e Congresso di dolori! Moloch i cui edifici sono sentenze! Moloch vasta pietra di guerra! Moloch governi stupefatti! Moloch la cui mente è puro ingranaggio Moloch il cui sangue è denaro che scorre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto e una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio è una tomba fumante! Moloch i cui occhi sono mille finestre cieche! Moloch i cui grattacieli sorgono in lunghe strade infinite come Jehovah! Moloch le cui fabbriche sognano e gracchiano nella nebbia! Moloch le cui ciminiere e antenne incoronano le città! Moloch il cui amore è petrolio e pietra senza fine! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch la cui sorte è una nube di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome è la Mente! Moloch in cui mi siedo solo! Moloch in cui sogno Angeli! Pazzo in Moloch! Rotto in culo in Moloch! Senza amore e castrato in Moloch! Moloch che mi è entrato presto nell’anima! Moloch in cui sono una coscienza senza corpo! Moloch che mi ha fatto uscire spaventato dalla mia estasi naturale! Moloch che io abbandono! Svegliatevi in Moloch! Luce che cade dal cielo! Moloch! Moloch! Appartamenti robot! sobborghi invisibili! tesori di scheletri! capitali cieche! industrie diaboliche! nazioni spettrali! manicomi invincibili! cazzi di granito! bombe mostruose! Si sono rotti la schiena innalzando Moloch al Cielo! Strade, alberi, radio, tonnellate! innalzando la città al Cielo che esiste e ci circonda! Visioni! profezie! allucinazioni! miracoli! estasi! alla deriva sul fiume americano! Sogni! adorazioni! illuminazioni! religioni! l’intero carico di cazzate da raffinati! Sfondamenti! al di là del fiume! salti e crocifissioni! giù nella piena! Drogati! Epifanie! Disperazioni! Dieci anni di urli da bestie e suicidi! Menti! Nuovi amori! Generazione pazza! giù sulle geologie del Tempo! Vere risate sante nel fiume! Han visto tutto quanto! gli occhi stravolti! le sante grida! Hanno detto addio! Si sono buttati dal tetto! verso la solitudine! salutando! portando fiori! Giù nel fiume! nella strada!
[4]

Leggiamo tutto il poemetto di Ginsberg e, in generale, leggiamo e rileggiamo Poesia come se volessimo "riempire" la tazza da te del saggio Nan-in.

Provate, provate a svuotare, se ci riuscite, la ...tazza.

Ritorniamo a cantare, come fanno gli uccelli, ad articolare la voce e a distendere l’urlo per... ridarci una lingua, una lingua che possa servirci finalmente a parlare, ascoltare e comprendere di nuovo.

Riferimenti
[1]- Da 101 storie Zen, pag. 13, Adelphi 1973 a cura di N. Senzaki e P. Reps
[2]- http://armida.unimi.it/bitstream/2170/2239/1/UD_A_Sistema%20letterario%20modernit%C3%A0.pdf
[3]- https://lavalledelsiele.com/2011/12/18/storia-di-un-ortolano-di-vaclav-havel/
[4]- da URLO di Allen Ginsberg (1955-1956)


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