mercoledì 18 settembre 2019

Déjà-vu di una identità: Patrick McGuinness

Quando si parla di Identità si allude, per dirla con Calvino[1], a un valore che deve essere continuamente affermato e difeso dalle minacce di indebolirlo fino a perderlo. L’affermazione e la difesa sono da intendersi, evidentemente, sia in un senso individuale che in un senso di gruppo o di specie: identità personale o identità nazionale, etnica, linguistica, biologica ecc.
Per prima cosa una identità si fonda su qualcosa che non cambia nel corso della vita.

Riferendoci a qualcuno che fin dall’infanzia si trasferisce e vive in paesi diversi, che incontra dunque persone diverse, linguaggi diversi, o che cambia scuole e metodi di insegnamento, si adatta a mestieri diversi per guadagnarsi cibi sempre diversi; possiamo dire che questi abbia una sua propria identità ? Certamente sì, perché resterebbero i suoi ricordi, la continuità del suo passato. I suoi déjà-vu. E se, mettiamo, fosse affetto da amnesia e non ricordasse niente da un giorno all'altro? Ebbene resterebbero sul suo corpo delle cicatrici o dei segni particolari sulla carne e magari sui fogli (i suoi appunti, le sue poesie, la babele di lingue e le parole che lo identificherebbero ancora per renderlo riconoscibile a sé stesso e agli altri).

Concludiamo dunque con Calvino che le condizioni necessarie dell'identità sono due: 1)poter ripetere un'esperienza, sapendo di ripeterla; 2) essere riconoscibile a sé e agli altri.

Già in un altro post si è detto che il poeta è come un sonar o una pulsar che invia sempre lo stesso segnale e ne registra l’eco. Questa analogia da sola basta per definire e catturare anche una identità com-plessa come quella del poeta Patrick McGuinness.
Giorgia Sensi che ha curato in traduzione questa ultima raccolta di poesie di McGuinness ( Déjà-vu, Interno Poesia Editore, 2019) ci aiuta a ricostruire e definire al meglio l’identità del poeta.[2]

Patrick McGuinness è nato a Tunisi nel 1968 da madre belga, di lingua francese, e padre irlandese. Fin dall’infanzia la sua vita è punteggiata da frequenti spostamenti e traslochi (portatili come dice nella sua poesia, Scatole, pg.91), crescendo tra il Belgio e il Venezuela, soggiornando a Teheran nel 1977 durante la rivoluzione, frequentando un college in Inghilterra e vivendo tra il 1986 e il 1987 in Romania durante la dittatura di Ceausescu. Seguirono poi gli anni di Oxford , della sua laurea in francese , del dottorato e quindi della docenza che svolge ancora oggi in letteratura francese preso la stessa Università.
Evidentemente queste esperienze hanno maturato in McGuinness la profonda consapevolezza di essere il risultato di diverse nazionalità, tanto che la sua poesia (come la sua prosa) è impregnata di questo senso di “dislocazione”, di una intricata tessitura linguistica e culturale che ha percepito e fa percepire confini di lingue, culture, spazi e tempi e di una naturale inclinazione a “tradire” e tradirsi: passare da una parte all’altra di Paesi, Lingue, Generi letterari.

I suoi déjà-vu non sono né più e nemmeno che la manifestazione concreta di questa sua belgitudine (Belgitude, pg.29): sentirsi a casa in un altro posto da quello in cui si è ( come avviene per la maggior parte dei belgi).

Dice Giorgia Sensi [2] in proposito che “…parallelo al concetto di dove sia casa è quello dell’identità linguistica e culturale che è presente in tutta la sua opera fin qui pubblicata...": le raccolte poetiche The Canals of Mars (Carcanet, 2004), Jilted City (Carcanet, 2010) con le traduzioni di Giorgia Sensi (I Canali di Marte, poesie scelte, Mobydick, 2006; L’età della sedia vuota, Il ponte del sale, 2010); il romanzo The Last Hundred Days, (Seren, 2011)e il romanzo Throw Me to the Wolves (Jonathan Cape, 2014) che uscirà in traduzione per i tipi di Guanda.

Già da quanto detto finora risulta del tutto plausibile la difficoltà di individuare e circoscrivere una ben precisa identità se poi, come ci dice ancora Calvino [1], insieme all'io dovremmo considerare la presenza d'un super-io e d'un inconscio che vanno per conto loro, allora la cosa diventa ancora più complicata.
Ma senza disturbare super-io o inconscio più o meno collettivo, un poeta, in generale, non sa fino a che punto una data poesia , una data pagina la stia scrivendo il suo io e non piuttosto un suo pseudonimo. McGuinness non fa eccezione a questa ambiguità, tanto che nella nota d’autore in Déjà-vu a pg. 111 lui stesso confessa: “…inventai un poeta, Liviu Campanu, un esiliato apolitico costretto a risiedere a Constanta….nome odierno di Tomis, dove Ovidio passò gli anni dell’ esilio, e infatti Campanu soffre di quello che io ho chiamato ‘Complesso di Ovidio’…Nel romanzo viene citato:…«Mi è venuto in mente un verso del poeta Liviu Campanu», e così via…Campanu è ormai un mio alter ego: scrivo poesie come se fossi lui; penso attraverso di lui, sento attraverso di lui, e ho scritto circa altre venti pagine. Sono io che sono diventato il suo pseudonimo…” .

Chi meglio di Ovidio e del su Complesso può rappresentare la ricerca e l’affermazione di una identità attraverso le sue metamorfosi!

Queste trasformazione, questi passaggi da uno stato ad un altro rappresentano dunque…l’identità di Patrick McGuinness al confine tra le lingue in cui è vissuto e ha sentito, tra il suo essere britannico ed europeo, tra una vita famigliare operaia e quella attuale satura di cultura oxoniana, tra il francese della sua lingua corporale (lingua madre) e il sangue anglosassone del padre e….tutto questo quasi a voler certificare quello che Calvino diceva a conclusione del suo saggio sull’Identità [1]:

“…[forse]lo strumento più raffinato per definire l'identità mi sembra il sistema dei Samo, popolazione africana dell'Alto Volta, che nella persona umana distinguono nove componenti: 1) il corpo, che si riceve dalla madre, 2) il sangue, che si riceve dal padre, 3) l'ombra che il corpo proietta, 4) calore e sudore, 5) il respiro, 6) la vita, o meglio una particella della vita, che è un'entità in cui tutti gli esseri viventi sono immersi, 7) il pensiero, suddiviso in intendimento e coscienza, 8) il doppio, che è la parte immortale, che può compiere e subire le stregonerie (si stacca dal corpo ogni notte per vagare nei sogni, e poi definitivamente qualche anno prima della morte per andare nel villaggio dei morti dove avrà altre due vite e altre due morti da morto, e finalmente s'incarnerà in un albero), 9) il destino individuale…

Proprio così. Quello di McGuinness è il destino di un poeta che non fa altro che attraversare e riattraversare tutti questi confini , parecchie volte al giorno con una poiesis che se ha una sua unità identitaria va trovata nei passaggi anziché nel passato, lì dove si impara a tenere la bocca chiusa in due lingue (Belgitude, pg. 29).

Déjà-vu
Forgotten as it happens, recalled before it has begun:
two tenses grappling with one instant, one perception.

(pg.104)

[Scordata mentre accade, ricordata prima che abbia avuto inizio:
due tempi si dibattono con un unico istante, un’unica percezione.
]
(trad. Giorgia Sensi)

Riferimenti

[1] - Civiltà delle macchine, XXV, 5-6, settembre-dicembre 1977, pp. 43-44
[2] – Poesia, Anno XXXII, Maggio 2019, N.348, pgg.52-61