mercoledì 30 aprile 2014
La Poesia non è un... cinguettio
Una poesia non è un racconto: non ha uno sviluppo temporale ma del tempo racchiude tutte le sue proprietà quella di passare, quella di restare e quella di diventare. La poesia non ha strettamente bisogno di richiamare l’arte (la techne) del contare o del rac-contare vale a dire di enumerare o allineare lungo una direzione gli eventi e di ripercorrerli secondo opportune successioni ( in avanti, a ritroso o ancora a salti temporali). Pertanto una poesia non ha bisogno di precipitare verso la fine anzi permane nella sua atemporalità e nel vuoto che la circonda come un funambolo sospeso dal/sul suo filo. Se le prestiamo ascolto nell’intenzione di percepirla come un suono, un ritmo ed un canto la poesia si fa subito materia cioè parola, verso e strofa; se viceversa la costringiamo a “dirci” qualcosa, cioè a spiegarci il senso, ecco che si fa onda, ci solleva e sfugge. Il Racconto muove verso una conclusione - a lieto fine , tragica o senza senso che sia- e comunque sempre, e sottolineo sempre, si tratta di una vittoria o una sconfitta (del protagonista e/o del lettore). La Poesia invece è incurante dell’esito, come spiega magistralmente Berger[1]. “ …[Lei] attraversa i campi di battaglia occupandosi di [dare conforto] ai feriti, ascoltando i monologhi selvaggi di chi vince e di chi ha paura…”. La Poesia è quindi interessata, senza ambiguità, solo al senso delle cose: ci ascolta e ci parla sia che si è vincitori o vinti sia che si ha paura o che si è impavidi e lo fa senza instillare false speranze o meglio dando alla Speranza una prospettiva diversa : non quella di credere che tutto finirà per il meglio, ma che, comunque andrà a finire, quella fine avrà un senso. Qualunque esperienza venga fatta, buona o cattiva che sia, non è il preludio all’”altare o alla polvere”, non è la promessa di un monumento o della prigione ma solo la certezza che la Parola le presterà un’attenzione premurosa, e le darà rifugio perché in quella esperienza lei si riconosce. In estrema sintesi la Poesia è Compassione. Per questo la Poesia sembra essere più vicina ad una preghiera che ad un racconto, con la differenza che dietro al suo linguaggio “religioso” non c’è alcun Dio ma solo se stessa. E’ la Poesia in sé che deve ascoltarsi e riconoscersi cioè mostrarsi senza avere attributi fisici e per poterlo fare deve incarnarsi. In ogni religione la Parola è il primo attributo di Dio ( “Ascolta Israele”; “In Principio era il Verbo…”) potremmo dire: la Parola è Presenza di Dio. Anche nella Poesia la parola, prima di essere strumento di comunicazione, è innanzitutto Presenza. Tutto ciò che è strumentale o che assolve ad una funzione è tecnico cioè consente di raggiungere degli scopi in modo intelligente ( “la tecnica è la forma più alta di razionalità raggiunta dall’Uomo”[2]). Ecco, la Poesia è esattamente tutt’altro che tecnica perché, come detto, non si pone il problema di raggiungere degli scopi e meno che meno quindi si preoccupa dell’intelligenza necessaria per farlo. Eppure la Poesia usa le stesse parole e più o meno la stessa sintassi, diciamo, del consuntivo trimestrale di una multinazionale ma in quest’ultimo caso i modi in cui le parole si uniscono tra loro per formare una proposizione (munita di significato) e i vari modi in cui le proposizioni si collegano per formare un periodo e quindi un discorso sono “animati” da intenzioni; sempre più il linguaggio tecnico (anche quello del racconto) sembra utilizzare una sorta di sintassi informatica fatta da semplici cicli IF-THEN-ELSE (SE-ALLORA-ALTRIMENTI). Questi cicli nascondono una terribile verità : tutti sanno cosa succederà se si farà questo piuttosto che quello e soprattutto se si DIRA’ questo piuttosto che quello. Ma più che nasconderla, sarebbe meglio dire che la verità è stata letteralmente soppressa: “ci siamo distratti un attimo ed è scomparsa la verità…[perché] il linguaggio…”- quello politico, economico, scientifico, medico, giornalistico, in una parola: tecnico -“… è diventato sempre di più uno strumento di controllo e manipolazione al punto che oggi gli interessi non influenzano solo i nostri comportamenti ma la nostra conoscenza del mondo…” [3](Jason Stanley, Professore di Linguistica alla Yale University). La Poesia non ha mezzi da perfezionare perché non ha scopi da perseguire. La Poesia, a differenza della tecnica, non ha il compito di trasformare, manipolare e controllare il mondo. No, la Poesia trasforma solo il linguaggio senza correre il rischio di manipolare, propagandare o trasferire conoscenze; che per fare questo utilizzi le stesse parole di un rapporto aziendale non ha più significato del fatto che con le pietre di una stessa cava si possa costruire un ponte o il bastione di un castello, un faro o una prigione. Nel corso della storia umana, molte, tante pietre di questa cava sono state usate per costruire castelli, prigioni, mura racconti, tanti racconti, quasi a voler portare la Storia stessa dalla parte della ragione. Non ha funzionato. Purtroppo non è stato, non è così: gli esiti non sono affatto garantiti e le sofferenze del passato e quelle del presente non sono state né verranno riscattate da un’era di felicità: del futuro non ci si può fidare. Il momento della verità è “qui,ora” e solo la poesia può coglierlo mettendo insieme quelle pietre della cava in modo da ricostruire l’Universo pezzo per pezzo. Qui.Ora. Questa impresa non può essere compiuta dalla Scienza e dalla Filosofia che catalogano ogni pezzo, ogni singolo atomo, ogni stella di ogni galassia ogni pensiero, ogni proposizione, ogni parola SPERANDO di arrivare così alla composizione del tutto (IF-THEN-ELSE…). Questa impresa non può essere portata a termine dalla Religione che ammira ognuno di questi pezzi come fossero tante opere d’arte: l’Universo è solo un Museo, l’Uomo un visitatore delle sale. La Poesia fa questa opera di ricostruzione tutte le volte, ri-cordando -e prendendosi cura di - ciò che è stato disperso: i battiti dei cuori, i silenzi e i loro echi; i respiri e gli affanni di tutti gli amori; gli sguardi e i loro riflessi; i suoni, i canti, le preghiere come se da tutto ciò si potesse ricostruire un vaso andato in frantumi di cui lei sola ne conosceva forma, contenuto e incontenibile: l’esistenza indivisibile. E’ a questa totalità che la Poesia si appella e quando tutto sarà diventato solo un cinguettio lei, per questo, saprà ancora parlare. [1]-J. Berger Contro i nuovi tiranni Neri Pozza (2013) [2]- U. Galimberti Psiche e techne. L'uomo nell'Età della Tecnica Feltrinelli (2000) [3]- http://www.auditorium.com/eventi/5622632
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