martedì 29 luglio 2025
La memoria come casa perduta
C'è una poesia che non alza la voce, che non cerca effetti, che non si mette in posa.E' la poesia che si affida alla memoria non come archivio, ma come gesto fragile e necessario. Vado a memoria, l'ultima raccolta di Laura Maria Gabrielleschi (Industria & Letteratura, 2024), appartiene a questa famiglia di scritture: intime, consapevoli, struggenti.
Ho visto molte città/case, corridoi./Mi chiedi se la casa/ha ancora tre scalini./E' tanto tempo che manco/tutto potrebbe essere cambiato/anche il numero sulla porta.
Il titolo della raccolta, in prima persona con quel Vado, è già una dichiarazione di poetica: andare a memoria significa affifarsi a ciò che resta, a ciò che riaffiora, a ciò che non si può più verificare come un ...numero cambiato sulla porta. E' un atto solitario, ma non solipsistico. Gabrielleschi non rievoca per sé ma per tutti. I suoi versi sono abitati da figure familiari - il padre, la madre, il fratello, i nonni, i figli -che diventano specchi nei quali il lettore può riconoscersi e familiarizzare. Come scrive Roberto Pazzi nella prefazione "...possiamo specchiarci anche noi in questi specchi del suo amore e del suo dolore".
La raccolta si articola in quattro sezioni - Casa-infanzia, Addii, Ai miei figli, Inverni - che tracciano un arco esistenziale e affettivo. Dalla casa originaria della quale la poetessa dice nella sua Nota:"Ho deciso di lasciare la casa dove tutto ha avuto inizio: la casa che mi ha visto nascere, dove è nato mio padre, dove è morto mio fratello"; da questo luogo della prima appartenenza si passa attraverso le perdite, le separazioni,fino ad arrivare a una stagione finale, fatta di silenzi e di neve e dunque di un certo candore ritrovato.
Ma non c'è mai compiacimento nel dolore: c'è piuttosto una lucidità affettuosa, resa in modo essenziale da una lingua piana e scarna.
Mi sto preparando/a un giorno nuovo./L'infanzia si ferma là/in quella cas/piena/disedie rotte,/i miei amici sono invecchiati,/non giocano più alla corda.//Sono nata senza gioia/vado a memoria.
E anche io andrò a memoria.Ricordo di aver conosciuto Maria Laura a Ferrara, nella Casa dell'Ariosto. Era il 2016 e lei presentava la sua raccolta dedicata al padre. Anche allora, come oggi, mi colpì la sua capacità di tenere insieme pudore e intensità, di far parlare la memoria senza mai trasformarla in nostalgia sterile. E'evidente che la memoria sia il suo tema prediletto, non come esercizio elegiaco, ma come forma di resistenza affettiva.
In questo la sua voce si avvicina a quella dei poeti che cita negli eserghi come fossero appunti che custodiscono una precisione emotiva rara e che rimandano ancora ai piccoli oggetti, a gesti quotidiani, a domande che restano sospese. Silenziose.
In un tempo in cui la poesia spesso si traveste da performance, Vado a memoria sceglie la via opposta: quella della discrezione, della fedeltà, della cura. E' un libro che si legge come si sfoglia un album di fotografie: con gratitudine, con malinconia e con amore.
E mi sento sommersa/tra queste pietre/e bevo allo stesso bicchiere di mia madre/tenuto per anni vhiuso nella credenza//non posso piangere per sempre.
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