venerdì 29 aprile 2022
La pistola di Cechov e il papavero di Zanzotto
Il 25 Aprile giorno della Festa della Liberazione ho citato la seguente poesia di Andrea Zanzotto percependone la potenza e non soffermandomi sulla “utilità” o meno del testo a dare effettivo corpo alla celebrazione.
Eppure, eppure c’è un nesso chiaro fra questo papavero e la cosiddetta “pistola di Cechov” e, come vedremo, un nesso preciso tra poesia e verità.
Ecco la poesia:Papaveri -
fiammelle qua e là per prati/
friggono luci disperse ognuna in sé/
quelle siamo noi, racimoli del fuoco/
che pur disseminando resta pari a se stesso/
è zero che dona, da zero, il suo vero.
[Andrea Zanzotto, da Conglomerati, Mondadori, 2009 - Lo specchio Poesia - pag.121]
“Se in un racconto compare una pistola, bisogna che prima o poi spari”
La frase è del grande scrittore Anton Čechov e viene ritenuta un principio fondamentale della drammaturgia narrativa, cinematografica e teatrale.
In questo tempo di guerra che stiamo vivendo, questa stessa frase nella sua essenza grammaticale e semantica potrebbe essere usata come un manifesto pacifista ante litteram: se in uno scenario di guerra compaiono armi, quelle armi prima o poi spareranno. Ma non è di questo che si vuole parlare quanto, come anticipato, della stretta connessione tra poesia e verità.
La tecnica soprannominata “la pistola di Cechov”, che in termini tecnici è detta anche anticipazione, è molto sofisticata e produce, in qualunque storia, un vero e proprio salto di qualità primo perché serve a introdurre fin dall’inizio un elemento che nella conclusione si rivelerà fondamentale e secondo perché impone di non inserire nella trama elementi superflui e inutili ai fini della storia stessa.
La pistola di Cechov è uno stratagemma che serve per produrre un colpo di scena finale, il ribaltamento, la sorpresa e può condurre il lettore a scoprire una verità insospettata sulla natura del protagonista o di qualsiasi altro personaggio compreso un… papavero.
Molti autori hanno preso le distanze da questo stratagemma, considerandolo una sorta di artificio che non ha niente a che vedere con la realtà. Come si sa gli scrittori del romanzo realistico bocciano in pieno tutto ciò che non ha a che fare con le vicende della vita.
È però vero che la realtà casuale e monotona non può appartenere alla narrativa senza essere romanzata e infatti tutte le storie vere, anche le cronache come quelle ad esempio tratte da una guerra, dalla biografia di soldati, di partigiani o di semplici vittime civili, spesso sono edulcorate da un racconto giornalistico, cinematografico e romanzesco, rivestite cioè di un’aura epica, che poco ha a che vedere con la prosaicità della vita vera.
La poesia viceversa rifugge (dovrebbe farlo) da tutto questo e appunto - ut pictura poesis - si limita a svelare cioè a rendere visibile quel vero con uno stratagemma analogo alla “pistola” e lo fa non per profusione ed edulcorazione ma, al contrario, per sottrazione e pudore.
Il papavero è il fiore del pudore: arrossisce come fanno tutte le persone timide. Ma questo racimolo di fuoco, brace che frigge al vento è ambasciatore di… (papa)Vero.
Il principio del…papavero di Zanzotto serve a sottolineare che in una poesia ogni sillaba deve avere una funzione vocale, musicale e non può essere messa lì a caso.
Il legame introdotto tra papavero e pudore viene fortificato riga dopo riga per sottrazione fino ad arrivare a zero, senza quasi lasciare traccia di sé pervenendo cioè a un vuoto così pieno di ogni significato: fuoco che pur estendendosi resta sempre uguale.
E così quello zero che dona quella voragine che ci guarda è la …fossa comune che continua a diventare prato, a ospitare cadaveri ravvivanti e ravvivati, corpi materiali mutati in luci disperse e racimoli di fuoco.
Se in una poesia di Zanzotto compare un papavero, prima o poi il papavero ci svela lo zero, il vero.